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Rocca Altiera e Cima di Bellaveduta

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Rocca Altiera e Cima di BellavedutaGli impegni di lavoro ancora una volta mi hanno tenuto fermo inchiodato alla poltrona davanti al computer sia il sabato che la domenica. In corner e su due piedi riesco però ad organizzare un'escursione infrasettimanale con Alessandro, il mio fido meteorologo.


La finestra di bel tempo sta per chiudersi e dobbiamo approfittarne prima che il maltempo ci tenga costretti dentro casa.

Si parte con l'obiettivo di raggiungere un piccolo gruppo di cime orientali del P.N.L.A.M. Si tratta dei quel sottogruppo montuoso adiacente il più esteso gruppo dei Monti della Meta. Parliamo delle cime di Rocca Altiera e Cima di Bellaveduta che insieme a Cima di Serra Matarrazzo ed il Colle Nero costituisce un interessante massiccio che si estende da Forca d'Acero alla Val Canneto.

Dopo aver raccolto numerose informazioni io e Alessandro partiamo piuttosto tardi. Siamo al punto di attacco alle 9 di mattina, raramente mi prendo il tempo per iniziare così tardi l'escursione. Con molta lentezza sto ritrovando dei tempi ed un relax che da tempo non trovavo. Stranamente, per una logica che non ricordo ho finito per gettare uno stress indefinito anche sul mio modo di andare in montagna. L'obiettivo di questo 2011 è quello di recuperare la “pazienza” e la “serenità” di andare in montagna senza competizione, senza fretta, senza frenesie di nessun tipo, neppure quella dell'arrivare tardi o arrivare presto.

Da Settefrati si segue la strada che porta in Val Canneto. Il punto di partenza è un largo parcheggio che si trova in prossimità del Valico di Canneto, una curva a gomito che si affaccia sulla Val Canneto. Lasciamo l'auto e sembra che la giornata prometta bene. Il sole è già alto anche se la temperatura è ancora abbastanza rigida.

Dal passo si segue diritto per dritto la cresta che conduce in quota.
Il sole è magnifico e nel giro di mezzora siamo già accaldati e sudati. Togliere il giubbotto è però un'operazione azzardata. Il sudore si gela rapidamente sulla pelle, sensazione paradossale e decisamente spiacevole. Somiglia molto all'idea del sudare freddo.
Seguendo la cresta e seguendo il suo massimo dislivello si riesce a guadagnare quota rapidamente fino a quando non si esce dal bosco e si incontra la sterrata che proviene da molto più in basso. Questa sterrata in verità ha il suo punto di attacco sempre sulla strada che proviene da Settefrati ma che abbiamo volutamente trascurato per guadagnare un centinaio di metri di dislivello.

Usciti dal bosco cominciamo a vedere le prime tracce di neve (poca) ma sufficientemente molla da farci rallentare il passo. Coerenti con la scelta di prendercela con calma ci prendiamo il nostro tempo per vivere il momento. Rallentiamo anche con la scusa di scattare qualche foto. La giornata sembra reggere ed il sole brilla alto. Strani addensamenti nuvolosi, però si addensano in lontananza su Monte Cairo e Monte Baghella. Sarà la condensa mattutina. Andiamo avanti senza troppo preoccuparcene. Alessandro garantisce addensamenti solo nel pomeriggio. Mi devo fidare d'altra parte lui è: Oracolo.

Usciamo definitivamente dal Bosco fino ad un pianoro dal quale possiamo osservare l'intera catena dei monti della Meta. Meravigliosa catena. Per qualche istante scambio “La Meta” per il Tartaro... poi quando sono in cresta il quadro complessivo delle montagne è chiaro e limpido. Dalla cima de “La Meta” fino al lontano “Monte Petroso”. Riesco a vedere anche il Balzo della Chiesa e se non vedo male ho l'impressione di riconoscere anche il Capraro.

La vista è magnifica. La neve fa risaltare i contorni e da spiccare maggiormente gli elementi rocciosi di questa imponente catena montuosa. Sono già molto colpito e basterebbe questo a fare di questa escursione un'ottima giornata. Guardando a settentrione vedo delle cime ma sono solo i  contrafforti di Rocca Altiera. Più saliamo di quota più la neve sembra indurirsi, tuttavia a tratti troviamo delle aree di neve molla che ci fa affondare e che ci rende la salita faticosa ed impegnativa.

Dopo un'ulteriore strappo in salita giungiamo ad un ampio catino il noto sulla carta come Guado delle Capre. Siamo già stanchi e c'è ancora molto da fare, finalmente riusciamo a vedere la cima di Rocca Altiera per cui decidiamo di non giare troppo intorno ma preferiamo tirare dritti in direzione della cima. Anche questo è un atteggiamento che vorrei cambiare. Ho rinunciato ad esplorare il Guado delle Capre con il suo affaccio verso la valle in cambio di una cima in più. Proprio su questo sto cominciando a pensare che raccogliere cime è un ottimo pretesto per conoscere il territorio. Tuttavia l'obiettivo della cima mi ha incastrato in un meccanismo che in qualche misura mi impedisce di esplorare lo stesso territorio come vorrei.

La neve in quota è decisamente ghiacciata ed il passo è facilitato. Per l'ultimo strappo fino alla vetta siamo costretti ad indossare i ramponi. Sono solo 50 metri ma la conformazione del terreno lo richiede. Proprio sotto al piccolo nevaio ghiacciato c'è un saltino di cento metri. Poca cosa ma potenzialmente fatale in caso di scivolamento.

La cima non è particolarmente bella in se. Anzi mi viene da pensare che nessuna “cima” è bella in sé.

La cima di una montagna in effetti è l'unico luogo dal quale non si può vedere la montagna su cui sei salito. Puoi vedere però panorami verso cime che ancora è possibile desiderare. Posso solo capire che non ha tanto valore la cima sulla quale ti trovi ma molto più importante la cima che ancora puoi desiderare. Se si pensa alla "Cima che Verrà" allora ... c'è futuro, c'è speranza.

In lontananza la Cima di Bella Veduta, sul crinale esposto al sole i camosci stanno a pascolare tentando di brucare poche erbe che escono dalla neve. Ci osservano, sono timorosi e schivi e ad ogni passo si spostano per mantenere la distanza fra loro e noi.

Il percorso che da Rocca Altiera alla Cima di Bellaveduta ci impiega meno di trenta minuti di cammino. Teniamo un passo sostenuto perché ho notato le prime nuvole. Stanno salendo ad una velocità che mi preoccupa. In effetti siamo andati molto lenti e solo per salire su Rocca Altiera ci abbiamo impiegato quattro ore. Non riesco a fotografare come vorrei i camosci, sono così schivi che appena tento di avvicinarmi scateno un fuggi fuggi frenetico ed improvviso.

L'ultimo tratto siamo costretti a salirlo ramponi e picozza. La neve gelata ha creato un terreno difficilmente percorribile. Dalla cima si può godere un meraviglioso panorama sull'intero gruppo montuoso. In lontananza le cime minori di Serra Matarazzo e Colle Nero.

Quando mi giro in direzione del Valico di Canneto rimango raggelato. Le nuvole corrono veloci e stanno oscurando tutto. Non ci possiamo trattenere. Se le nuvole coprono gli ampi pianori innevati rischiamo seriamente di perderci. E' necessario arrivare alla strada sterrata prima che le nuvole coprano tutto.

E' sgradevole ma impongo ad Alessandro un passo forzato. Anche lui si rende conto della necessità di non perdersi poiché questo significherebbe fare un numero consistente di chilometri in più e considerato il mio stato fisico non è esattamente di questo che andavo alla ricerca.

Il ritorno fino alla strada sterrata è un massacro per le gambe ma arriviamo appena in tempo prima di essere avvolti da una nebbia ambigua e subdola.

Quando arriviamo alla macchina il cielo è diventato cupo ma non minaccioso, siamo comunque soddisfatti dell'escursione e delle numerose foto scattate in un ambiente che da tempo desideravo vedere innevato.

Solo rimane il desiderio di allentare il passo per darmi il tempo di fissare negli occhi le immagini di questa montagna che troppo spesso negli ultimi tempi corre veloce davanti ai miei cocci.

Si consiglia a tutti una visita al piccolo borgo di Settefrati, un luogo davvero ben tenuto anche se da la sensazione di essere prevalentemente disabitato.

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